Un’ombra targata Made In Italy

Cronache dallo stivale che scivola su una pozza di sangue.

La matematica è una delle più perfette scienze create dall’umanità, secondo il vocabolario Treccani è la disciplina che studia lo spazio, i numeri le strutture e le quantità.

Dunque parliamo di quantità, in particolare di quantità associate all’economia.

Esistono molte branche diverse dell’economia. Ogni sistema complesso ha una sua “economia”.

Dal punto di vista antropico sull’economia si fondono e funzionano imprese, commercianti e soprattutto gli Stati, con le loro entrate e le loro uscite nei bilanci nazionali.

Una tra le più importanti entrate per lo Stato Italiano è l’export di armi.

In Italia, come in tutti i paesi del mondo, un’azienda che produce armi da guerra e relativa tecnologia può esportare i propri prodotti solo dopo avere ottenuto l’autorizzazione dal suo governo.

Non si tira in ballo solo una questione di ingenti capitali, bensì anche questioni di politica estera e sicurezza nazionale.

Il governo italiano concede così ogni anno le autorizzazioni alle aziende produttrici, con tipologia di arma e destinatario che spesso e volentieri sono paesi coinvolti in conflitti terzi come è successo per lo Yemen.

Si evince quindi che il nostro paese vuole mantenere buoni rapporti con paesi che l’ex-presidente americano George Bush (un grande statista) nel 2001, subito dopo l’attentato alle Twin Towers, definiva stati “canaglia”.

Negli ultimi 3 anni abbiamo venduto armamenti a stati come:

Egitto, Turkmenistan, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Turchia, oltre che a paesi europei e Israele, storico alleato statunitense.

La vendita di armi a paesi dittatoriali, molto lucrativa per l’Italia, è stata contestata da molte organizzazioni che si occupano di pace e disarmo, ma finora non è mai stata davvero messa in discussione da governo e aziende.

Analizziamone solo alcuni per dovere di sintesi.

Egitto:

Nonostante il Caso Regeni e l’incarcerazione ingiusta dello studente Patrick Zaky, l’Italia e l’Egitto hanno in lavorazione un accordo sulla vendita di armi. Secondo quanto riporta l‘Arab Weekly, l’Egitto potrebbe acquistare 6 fregate multiuso FREMM, 20 imbarcazioni per le operazioni di pattugliamento off-shore, 24 jet Eurofighter, numerosi jet avanzati da addestramento e un satellite.

Il tutto, riporta il quotidiano, a un valore di circa 10.7 miliardi di dollari.

Dato lo sdegno della notizia, il Ministro Di Maio ha dovuto risponderne al Question Time alla Camera, anche se il Governo ha già autorizzato il trasferimento: sostenendo che l’accordo, in questo caso, sulla cessione di due navi Fremm non è ancora concluso, e che la collaborazione con gli organi di giustizia egiziani è sempre attiva per la soluzione dell’omicidio di Giulio Regeni. Per distendere i rapporti tesi a causa di questa vicenda, l’Egitto avrebbe deciso di diversificare il suo arsenale e collaborare con noi, togliendo così la supremazia agli Stati Uniti, come unici fornitori ufficiali dell’esercito egiziano.

Amnesty International denuncia che da quando è salito al potere Al-Sisi, la condizione dei Diritti Umani in Egitto è molto peggiorata, con incarcerazioni sommarie e preventive, censura alla stampa, torture e sparizioni di oppositori politici.

Nel 2019 Al-Sisi ha vinto un referendum che modifica la Costituzione egiziana e che gli garantisce il potere fino al 2030. Un voto che ha mirato ad allungare il mandato presidenziale, ampliando anche la sua influenza su magistratura e organi di vigilanza. Dal punto di vista internazionale, l’Egitto ha rinsaldato rapporti con Cina e Russia ed è paese indirettamente coinvolto nella guerra della confinante Libia, oltre a rimanere alleato strategico occidentale nella lotta all’avanzata del terrorismo jihadista.

Arabia Saudita:

Con l’Italia il rapporto di amicizia è di lunga data, risale agli anni Trenta del Novecento.

L’Arabia Saudita, oltre che partner commerciale di rilievo per il nostro paese, è un interlocutore politico sempre più importante, in considerazione del suo crescente peso regionale e nel mondo arabo.

Quello che più ha fatto scalpore negli ultimi anni, è la fornitura di armi italiane al paese che più o meno dichiaratamente usava, e usa tutt’ora, nel conflitto in Yemen per bombardare case, scuole e ospedali.

Lo stabilimento manifatturiero sardo di Domusnovas della RWM collegata al gruppo tedesco Rheinmetall Defence, forniva regolarmente armamenti, in particolare, bombe e siluri, al governo di Riyad.

Dopo una mozione a fine giugno del 2019 il governo, allora gialloverde, ha dato il primo stop “annacquato” alla fornitura, impegnandosi nella continuazione dell’azione umanitaria e diplomatica, alla ferma richiesta di cessazione di ogni tipo di violenza sul territorio Yemenita, e a valutare l’avvio e la realizzazione di iniziative finalizzate alla futura adozione, da parte dell’Unione europea, di un embargo mirato, sulla vendita di armamenti ai due paesi medio orientali. Le mozioni precedenti della minoranza volevano essere più incisive su questo tema, per cui è stato fatto un accordo al ribasso rispetto a iniziative più coraggiose inizialmente proposte.

I problemi sono tanti:

il primo punto è che non si comprende perché la sospensione riguarda solo bombe d’aereo e missili e non armi leggere o altri tipi di attrezzature.

Inoltre essa è rivolta solo ad Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti e non tutti i paesi alleati compresi nella coalizione saudita cioè: Barhein, Egitto, Kuwait e Sudan

Rete Italiana per il Disarmo e la Rete della Pace denunciano che durante il 2019 sono state esportate armi per quasi 200 milioni di euro verso Arabia Saudita ed Emirati, più forniture per 95 milioni di euro ai loro alleati sopra elencati.

I problemi legali su queste concessioni sono numerosi: la legislazione italiana in materia di export di armi è tra le più rigorose d’Europa, perché proibisce la vendita di armi a paesi in conflitto o paesi che violano i diritti umani.

La vendita di bombe potrebbe violare anche i trattati internazionali che proibiscono la vendita di armi a nazioni che compiono conclamate violazioni dei diritti umani.

L’Arabia Saudita ha dimostrato ancora una volta la sua crudeltà con l’assassinio del giornalista Jamal Khashoggi avvenuto nell’ottobre 2018. Questo episodio, oltre a provocare rabbia e sgomento nell’opinione pubblica di tutto il mondo, ha portato anche ad una revisione degli accordi commerciali di armamenti da parte di alcuni paesi europei tra cui Gran Bretagna, Germania, Austria e Danimarca. Ma non l’Italia che, al Consiglio europeo in coro con tutti gli altri, ha solo condannato il fatto .

Turchia

Lo stesso copione si verifica con la Turchia. Nonostante gli annunci del Ministro Di Maio, si riscontrano nel 2019 nuove autorizzazioni per oltre 63 milioni di euro e consegne effettuate per 338 milioni, che fanno di questo paese il primo destinatario di forniture militari italiane.

Le ultime concessioni rilasciate in favore di questo Stato, che fino a poco tempo fa era considerato democratico, sostiene un famoso analista nel suo articolo, riguardano: armi automatiche, munizioni, bombe, siluri, razzi, missili, apparecchiature per la direzione di tiro e aeromobili. Nel primo trimestre del 2020 sono aumentate, per un totale di 63,7 milioni di euro il 50% in più rispetto il 2019. La collaborazione rimase continuativa anche dopo l’attività parlamentare dovuta all’invasione del Kurdistan nell’ottobre del 2019.

All’epoca fu dichiarato pubblicamente uno stop per decreto alla vendita di materiale d’armamento, poi trasformato in un blocco delle future licenze, lasciando così intaccate quelle esistenti. Quando l’Italia scendeva in piazza per dimostrare solidarietà al popolo Curdo, il Governo continuava a rifornire di mezzi e armi i carnefici.

Israele

Dal 2000 in poi i rapporti militari e di sicurezza tra l’Italia e Israele si sono intensificati. Oltre diversi accordi di cooperazione tecnologica e scientifica, a maggio 2017 i giornali israeliani riportavano la notizia di un possibile scambio di elicotteri per missili tra Israele e l’Italia.

Secondo l’accordo, firmato poi nel 2019, il Ministero della Difesa di Tel Aviv acquisterà sette elicotteri AW119Kx in un affare che vedrà il nostro Ministero acquistare un valore equivalente di tecnologia militare israeliana.

Il valore del contratto è pari a 350 milioni di dollari ed oltre la fornitura dei sette elicotteri, sono previste opzioni per questi ultimi, nonché la copertura ventennale del supporto logistico e manutentivo da parte di Leonardo (ex Finmeccanica) a favore di questa nuova linea, dell’Aeronautica Militare Israeliana.

Si attende di conoscere la tipologia di materiale acquistato in contropartita da Roma.

Viene da chiedersi quanti palestinesi, quanti bambini, cittadini di Gaza, hanno assassinato con i nostri missili? Ma questo è un quesito che un Governo che fa affari d’oro non si pone.

Oggi invece siamo stati invasi da una pandemia per cui tutte le armi acquistate non servono; per questo, è importante che l’opinione pubblica faccia pressioni sui governi che più sono stati colpiti dal Covid, di ridurre i bilanci militari a favore di sanità e reti di protezione sociale.

Questa è la speranza. La speranza è l’ultima a morire, anche se viene colpita da un fucile Beretta ARX-160.

A cura di: Anteo Ciavatti

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