Patrick Zaki è uno studente dell’Università di Bologna arrestato lo scorso 7 febbraio in Egitto, dopo aver fatto ritorno nel suo Paese per visitare la famiglia.
La sua detenzione va avanti ormai da più di un anno con un meccanismo che ormai funziona sempre allo stesso modo. Ogni 15 giorni la detenzione è automaticamente prolungata, di altri 15 giorni.
Una tortura psicologica inflitta ad un giovane ragazzo che non ha motivo di esistere.
Nonostante moltissima attenzione mediatica e internazionale non ci sono stati progressi nel processo e lo studente rimane in stato di detenzione preventiva fino a data da destinarsi.
Secondo le organizzazioni per i diritti umani sono tra 60mila e 100mila i prigionieri politici egiziani attualmente detenuti in carcere. In base alle leggi in vigore la detenzione preventiva può durare fino a due anni.
Ultimamente, a colpire, è il ripetersi di arresti ai danni di studenti impegnati con progetti di ricerca o master all’estero.
Come Patrick Zaki, ce ne sono altri. L’ultimo in ordine di tempo è Ahmed Samir Santawy, studente egiziano dell’università Ceu di Vienna, arrestato al suo rientro in Egitto e accusato di adesione ad un gruppo terroristico e diffusione di notizie e informazioni false e pericolose per lo Stato.
La storia si ripete….
In Egitto così come in Turchia (La battaglia degli studenti di Istanbul), si vede un governo autoritario, che teme il potere del sapere e colpisce con la sua scure: la ricerca, l’attivismo e la scuola.
Noi di Voci in Transito aderiamo all’appello di Amnesty International per l’immediata scarcerazione di Patrick e di tutti i prigionieri di coscienza ingiustamente incarcerati in Egitto che lavorano per la difesa dei Diritti umani.
I volontari di Voci in Transito
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